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articolo del 02 Agosto 2019 dell’Avv. Maurizio Reale (che ringraziamo per l’autorizzazione concessaci)
Il Ministero dell’economia e finanze detta le regole operative per notifiche e depositi telematici di atti e documenti processuali (circolare n. 1/DF)
Il processo tributario, dal 1 luglio 2019, è diventato obbligatoriamente telematico; tutti i ricorsi notificati da tale data, dovranno essere iscritti utilizzando la modalità telematica.
Il 4 luglio 2019 il Ministero dell’Economia e delle Finanze, Direzione della Giustizia Tributaria, ha pubblicato sul proprio portale, la circolare n. 1/DF (scarica il testo in calce) contenente le modalità operative delle notifiche e dei depositi telematici obbligatori degli atti e dei documenti processuali.
Sommario
1. La digitalizzazione del processo tributario
2. Notifica degli atti digitali
3. Modalità operative di notifica tramite PEC
4. Notifica di atto introduttivo del giudizio
5. La prova dell’avvenuta notifica: il salvataggio delle ricevute
5.1. Salvataggio delle ricevute senza modifica di estensione del file “.eml”
5.2. Salvataggio con formato PDF/A 1a-1b e attestazione di conformità
5.3. Salvataggio con formato PDF/A 1a-1b senza attestazione di conformità
6. Le modalità di sottoscrizione digitale
7. Richiesta di visualizzazione temporanea del fascicolo telematico
1. La digitalizzazione del processo tributario
Dopo attenta disamina delle 29 pagine di cui si compone la citata circolare, è possibile rilevare, rispetto alla normativa attualmente vigente, alcune novità che, proprio per essere contenute in una circolare e non in provvedimenti normativi, potrebbero dare luogo a pericolose interpretazioni non solo dinanzi alle Commissioni Tributarie ma, anche e soprattutto, ove per ipotizzabili vizi formali, il contenzioso dovesse giungere al vaglio della Corte di Cassazione.
La parte iniziale del documento si occupa di delineare il quadro normativo che disciplina tutta la digitalizzazione del processo tributario e, tra le altre disposizioni, ampia trattazione viene dedicata all’articolo 16 del decreto legge n. 119/2018, convertito dalla legge n. 136/2018.
A tal proposito si evidenzia come il comma 1, lett. a) e b) della norma appena richiamata, dispone che a decorrere dal 1° luglio 2019, la notifica e il deposito degli atti nel processo tributario avviene esclusivamente con modalità telematica sulla base delle modifiche apportate all’articolo 16-bis, comma 3, del Decreto legislativo n. 546/92 e si precisa che, anche i soggetti che si difendono personalmente, pur non avendone l’obbligo, possono avvalersi delle modalità telematiche per la notifica e il deposito degli atti.
Il medesimo articolo prevede poi che anche le notifiche degli atti del processo tributario debbano avvenire esclusivamente con modalità telematiche sempre a decorrere sempre dal 1 luglio 2019 e come tale regime di obbligatorietà si applichi, sempre dalla citata data, ai giudizi instaurati, in primo e secondo grado.
Riepilogando, quindi, dal 1° luglio 2019 gli atti introduttivi del giudizio devono essere notificati alla controparte tramite la posta elettronica certificata e, nel termine dei successivi 30 giorni, depositati in Commissione tributaria con modalità telematiche utilizzando il sistema di upload appositamente predisposto nel SIGIT.
Tale obbligo riguarda le parti, i consulenti e gli organi tecnici dell’amministrazione dello Stato o di altri enti pubblici nonchè la Guardia di Finanza con riferimento alle istanze per le ipoteche e sequestro conservativo di cui all’art. 22 del Decreto legislativo n. 472/1997, come modificato dall’articolo 16-septies, comma 1, del decreto legge n. 119/2018, convertito dalla legge n. 136/2018.
A pagina 5 della circolare è poi possibile leggere che, qualora la parte abbia scelto di notificare l’atto introduttivo del giudizio di primo o di secondo grado con modalità analogiche, ad esempio, in data 29 giugno 2019, la stessa dovrà continuare ad utilizzare tale modalità nelle successive fasi della costituzione in giudizio e degli ulteriori depositi di atti seppur effettuati dal 1° luglio 2019, data dalla quale risulta obbligatorio il processo tributario telematico; resta ferma, invece, la facoltà del resistente di costituirsi telematicamente nel relativo grado di giudizio.
Ciò significa che, per gli atti relativi a procedimenti notificati prima del 1 luglio 2019, il deposito, anche dopo tale data, potrà essere cartaceo e da ciò è palese come il fascicolo del processo potrà, a seconda dei casi, essere interamente cartaceo o in parte cartaceo e in parte telematico.
Solo in casi eccezionali il giudice, con provvedimento motivato, potrà autorizzare il deposito con modalità diversa da quella telematica (esempi: blocco giornaliero della funzionalità del PTT, documentazione cartacea particolarmente voluminosa ovvero presenza di documenti non riproducibili in file, ecc.). In particolare, tale provvedimento sarà adottato dal:
– Presidente della Commissione tributaria nella fase antecedente all’iscrizione a ruolo del ricorso/appello;
– Presidente di Sezione nel caso di un ricorso/appello già iscritto a ruolo e assegnato alla sezione;
– Collegio nell’ipotesi in cui la questione sia sollevata in udienza.
In applicazione dei principi generali in materia, la circolare precisa che l’autorizzazione potrà essere concessa anche in sanatoria o d’ufficio.
2. Notifica degli atti digitali
Il punto 4 della circolare è dedicato alla notifica degli atti digitali.
E’ bene ricordare che la disciplina delle notifiche a mezzo PEC è contenuta nel decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 23 dicembre 2013, n. 163, recante il “Regolamento sulla disciplina dell’uso di strumenti informatici e telematici nel processo tributario”. In particolare, il comma 2 dell’art. 5 del suddetto Regolamento stabilisce – in linea generale – che il perfezionamento della notifica telematica si realizza nel momento in cui viene generata, da parte del gestore PEC del destinatario, la ricevuta di avvenuta consegna (RAC). Tuttavia, ai fini della decorrenza dei termini processuali il comma 1 dell’articolo 8 del citato Regolamento differenzia gli effetti per il mittente e per il destinatario della notifica PEC andata a buon fine. Infatti, dette notificazioni, per il mittente si intendono eseguite al momento dell’invio del documento al proprio gestore PEC, attestato dalla ricevuta di accettazione (RdAC) rilasciata al medesimo gestore del sistema; invece, per il destinatario occorre far riferimento al momento in cui il documento informatico è reso disponibile nella casella PEC dal suo gestore e viene così a ribadirsi che per il mittente, ai fini del corretto perfezionamento della notifica risulta indifferente che il destinatario visualizzi o meno il contenuto della PEC ricevuta.
Viene anche richiamata la recente decisione della Corte Costituzionale che, con la sentenza n. 75/2019, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 16 septies del D.L. 179/2012 (riguardante la giustizia digitale nel processo civile) nella parte in cui, richiamando le disposizioni dell’art. 147 cpc, stabiliva che “le notificazione degli atti non possono farsi prima delle ore 7 e dopo le ore 21.00”. In particolare, la Corte Costituzionale ha ritenuto incostituzionale la norma “nella parte in cui prevede che la notifica eseguita con modalità telematiche la cui ricevuta di accettazione è generata dopo le ore 21 ed entro le ore 24 si perfeziona per il notificante alle ore 7 del giorno successivo, anziché al momento di generazione della predetta ricevuta” precisando che tali principi devono ritenersi applicabili anche al processo tributario, per cui, la notifica eseguita tra le ore 21 e le ore 24 del giorno di scadenza si perfeziona, e si considera dunque tempestiva, per il notificante, se entro le ore 23,59 di quel giorno è generata la ricevuta di accettazione, mentre è solo per il destinatario che opera il differimento al giorno successivo del momento perfezionativo della notifica stessa.
3. Modalità operative di notifica tramite PEC
Quanto alle modalità operative di notifica degli atti tramite PEC, la circolare, nel precisare che al processo tributario non si applica la legge 21 gennaio 1994, n. 53, che disciplina le notifiche in proprio da parte degli avvocati, in quanto, ai sensi dell’art. 1 della predetta legge, l’ambito di applicazione di tale normativa è limitata agli atti in materia civile, amministrativa e stragiudiziale (Cfr. Corte di Cassazione, sentenze nn. 17941/2016, 15109/2018 e ordinanza n. 8560/2019), suggerisce di evidenziare, nell’oggetto e nel messaggio di PEC, alcuni elementi e ciò al fine di:
– consentire al destinatario la corretta individuazione dell’atto notificato (ricorso o provvedimento del giudice) per le conseguenti attività defensionali;
– consentire al destinatario di comprendere la finalità della notifica dell’atto;
– permettere al notificante, una volta perfezionata la procedura di notifica, di ottenere ricevute PEC di accettazione e consegna complete di tutte le informazioni e i dati riguardanti gli atti oggetto di notifica.
4. Notifica di atto introduttivo del giudizio
In particolare la circolare prevede che, in caso di notifica di un atto introduttivo del giudizio, sia consigliabile inserire nell’oggetto la seguente dicitura “notificazione ai sensi dell’art. 16 bis, comma 3, Decreto legislativo n. 546/92” e nel corpo del messaggio, indicare:
– la tipologia dell’atto (es: ricorso, appello, istanza di pubblica udienza, sentenza, ecc.);
– l’atto impositivo impugnato ovvero gli estremi della sentenza;
– il nome, cognome ed il codice fiscale del difensore/ufficio notificante;
– il nome e cognome o la denominazione e ragione sociale ed il codice fiscale della parte che ha conferito la procura alle liti ove necessaria;
– il nome e cognome o la denominazione e ragione sociale del destinatario;
– l’indirizzo di PEC a cui l’atto viene notificato;
– l’indicazione della Commissione tributaria adita.
Altresì, ove l’atto notificato sia la sentenza, , si suggerisce di indicare, nell’oggetto, la dicitura “notificazione ai sensi dell’art. 16 bis, comma 3, Decreto legislativo n. 546/92” e nel messaggio specificare che si tratta di notifica ai sensi dell’art. 38 del Decreto legislativo n. 546/92, ai fini della decorrenza del termine breve.
Nel premettere che non si mette in dubbio l’utilità di quanto suggerito, appare però evidente come, ove effettivamente ritenute necessarie, tali indicazioni avrebbero potuto e dovuto trovare la loro naturale sede in un provvedimento di natura normativa in quanto, la mancata presenza di uno di tali suggerimenti in una notifica effettuata, potrebbe ingenerare l’errata convinzione, da parte del ricevente, di essere in presenza di situazioni tali da inficiare la validità della notifica allo stesso modo di quanto previsto dall’articolo 11 della legge n. 53/94, al punto da considerarla nulla con ogni immaginabile conseguenza in caso di mancata costituzione.
E’ evidente infatti che, quanto suggerito nella circolare, ricalchi il contenuto della legge n. 53/94 ed in particolare la disposizione dell’articolo 3 bis con l’unica differenza che le indicazioni raccomandate dovrebbero essere inserite nel messaggio PEC e non nella relata di notifica quale documento informatico nativo digitale da inserire quale allegato.
5. La prova dell’avvenuta notifica: il salvataggio delle ricevute
Quanto alla prova dell’avvenuta notifica, il documento prevede che la stessa debba essere data depositando telematicamente i seguenti file originati dal sistema informatico del gestore della PEC:
– la ricevuta di accettazione (RdAC) sottoscritta con la firma del gestore del mittente;
– la ricevuta di avvenuta consegna (RAC) sottoscritta con la firma del gestore del destinatario.
Le suddette ricevute possono essere salvate con le seguenti modalità:
a) senza modificare l’estensione del file “.eml” in quanto formato nativo digitale contenente i file digitali degli atti notificati;
b) effettuando il salvataggio con il formato PDF/A 1a-1b e predisponendo, sullo stesso documento informatico o su atto separato, una attestazione di conformità ai sensi dell’articolo 23 bis, comma 2, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 (CAD) – opzione riservata ai soli pubblici ufficiali– con l’obbligo di conservazione dell’originale informatico, ove previsto;
c) effettuando esclusivamente il salvataggio con il formato PDF/A 1a-1b, tenuto conto che anche senza una espressa dichiarazione di conformità, ai sensi dello stesso articolo 23-bis, comma 2, del CAD, tale copia informatica ha la stessa efficacia probatoria dell’originale se la sua conformità non è espressamente disconosciuta. Resta fermo, ove previsto, l’obbligo di conservazione dell’originale informatico.
E’ opportuno analizzare nel dettaglio le tre modalità.
5.1. Salvataggio delle ricevute senza modifica di estensione del file “.eml”.
Il deposito telematico delle ricevute di accettazione e consegna in formato .eml garantirebbe l’assoluta certezza di quanto notificato al destinatario essendo palese che, nella ricevuta di consegna, sono presenti i medesimi file allegati dal notificante alla PEC; inspiegabilmente, però, le regole e specifiche tecniche del processo tributario telematico non prevedono il deposito di file con estensione .eml o .msg per cui sarebbe, in teoria, preclusa, sotto il profilo normativo, la possibilità di fornire la prova della notifica PEC effettuata, tramite il deposito digitale delle ricevute di accettazione e consegna; in realtà però è pur vero che il SIGIT consente comunque di gestire i file con estensione .eml anche se, come precisato nel portale della Giustizia Tributaria, pur essendone garantita la ricezione e l’archiviazione al fascicolo processuale, non è prevista la conservazione documentale sostitutiva.
Quindi, volendosi osservare il disposto normativo, formalmente, la tipologia di file con estensione .eml non dovrebbe potersi depositare mentre, in pratica, è la stessa giustizia tributaria che, sia con quanto indicato nella circolare che, ancora prima, nel proprio portale, ne consente il deposito pur vigendo l’articolo 10 del decreto MEF del 4 agosto 2015 che indica quali siano i tipi di file possono depositarsi e, quindi, ammessi:
- Bitmap Image – (BMP)
- eXtensible Markup Language – (XML)
- Firmati digitalmente in modalità CADES
- Graphics Interchange Format – (GIF)
- Joint Photographic Experts Group – (JPEG)
- Microsoft Office Excel – (XLS, XLSX)
- Microsoft Office Word – (DOC, DOCX)
- Open Document Format – (ODT)
- Portable Document Format – (PDF)
- Portable Network Graphics – (PNG)
- Tagged Image File Format – (TIFF)
Non sarebbe stato opportuno, anche in questo caso, modificare la norma e consentire, tra i tipi di file depositabili, anche quelli con estensione .eml?
E poi, perché, di fatto, consentire, il deposito di file .eml e non anche di quelli con estensione .msg?
5.2. Salvataggio con formato PDF/A 1a-1b e attestazione di conformità
Utilizzando la seconda modalità il difensore dovrà prima trasformare (si ritiene e comunque suggerisce, senza stamparle) le ricevute nel formato PDF/A 1a-1b e poi dovrà predisporre, sullo stesso documento informatico o su atto separato, una attestazione di conformità ai sensi dell’articolo 23 bis, comma 2, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 (CAD) dovendo sempre però ricordarsi di ottemperare all’obbligo di conservazione dell’originale informatico.
A tal proposito, ove attesti la conformità su documento informatico separato, ai sensi dell’articolo 23 bis, comma 2, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, dovrà avere cura di ottemperare a quanto disposto dal combinato disposto dell’art. 71 CAD e dall’articolo 6 del DPCM 13 novembre 2014 e quindi indicare, del file di cui effettua l’attestazione, l’impronta (hash) e il riferimento temporale.
Attenzione: tale modalità non potrà essere utilizzata dagli avvocati, in quanto la norma del codice dell’amministrazione digitale appena citata richiede che colui che effettua l’attestazione sia un pubblico ufficiale; nessuna disposizione di legge attribuisce, nel caso specifico, la qualifica di pubblico ufficiale all’avvocato il quale, quindi, non potrà esercitare il predetto potere; appare scontato che solo l’ente impositore potrà avvalersi di tale modalità.
Infatti, l’articolo 25 bis del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, aggiunto dall’articolo 16 del decreto legge n. 119/2018, convertito dalla legge n. 136/2018, è pur vero che dispone che “Nel compimento dell’attestazione di conformità i soggetti di cui al presente articolo assumono ad ogni effetto la veste di pubblici ufficiali” ma è altrettanto vero che nessuna delle ipotesi contemplate nella predetta norma è riferibile alla seconda modalità con la quale poter dare la prova dell’avvenuta notifica.
Non è condivisibile che, la modalità con la quale fornire la prova dell’avvenuta notifica, adesso analizzata, pur se come semplice suggerimento, consenta che la stessa possa essere utilizzata solo da parte di coloro che rappresentano l’Ente impositore e non anche dai difensori (avvocati) delle parti private. L’utilizzo di una “regola” o meglio, di un suggerimento, dovrebbe poter trovare la sua pratica applicazione per tutti i difensori del processo e non, come nel caso di specie, escluderne alcuni, soprattutto considerando che la prova dell’avvenuta notifica è adempimento processuale di massima importanza, se è vero come è vero che, attraverso di essa, deve verificarsi l’esistenza e la correttezza dell’instaurazione del contraddittorio, dando modo al giudicante di conoscere tutto ciò che è avvenuto in seno al procedimento di notifica e, pertanto, permettergli di comprendere se la legge è stata rispettata oppure no.
L’articolo 111 della Costituzione prevede, al secondo capoverso, che “Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata.”. Pur non trattandosi di norma è evidente che, con il suggerimento dato dal MEF, le parti non si trovano in condizione di parità!
5.3. Salvataggio con formato PDF/A 1a-1b senza attestazione di conformità
Con la terza modalità, consistente nell’effettuare esclusivamente il salvataggio con il formato PDF/A 1a-1b, e quindi senza una espressa dichiarazione di conformità, ai sensi dell’articolo 23-bis, comma 2, del CAD, tale copia informatica ha la stessa efficacia probatoria dell’originale se la sua conformità non è espressamente disconosciuta. Resta fermo, ove previsto, l’obbligo di conservazione dell’originale informatico.
Infine, nel caso in cui non sia possibile fornire con modalità telematiche la prova dell’avvenuta notifica PEC (si pensi al deposito dinanzi la Corte di Cassazione, presso la quale non è ancora attivo il processo telematico), si evidenzia che il comma 3 dell’articolo 16 del decreto legge n. 119/2018 dispone poi che “in tutti i casi in cui debba essere fornita la prova della notificazione o della comunicazione eseguite a mezzo di posta elettronica certificata e non sia possibile fornirla con modalità telematiche, il difensore o il dipendente di cui si avvalgono l’ente impositore, l’agente della riscossione ed i soggetti iscritti nell’albo di cui all’articolo 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997 n.446, provvedono ai sensi dell’articolo 9, commi 1 bis e 1 ter della legge 21 gennaio 1994, n. 53. I soggetti di cui al periodo precedente nel compimento di tali attività assumono ad ogni effetto la veste di pubblico ufficiale.”. La legge 53/94, che disciplina le notifiche in proprio degli avvocati nel settore civile, amministrativo e stragiudiziale, viene quindi utilizzata, attraverso la citata norma anche al processo tributario ogni volta che, effettuata la notifica o comunicazione attraverso la posta elettronica certificata, della stessa non sia possibile fornirne la prova mediante modalità telematiche. L’articolo 9 commi 1 bis della L. 53/94 prevede che, in questi casi l’avvocato estrae copia su supporto analogico del messaggio di posta elettronica certificata, dei suoi allegati e della ricevuta di accettazione e di avvenuta consegna e ne attesta la conformità ai documenti informatici da cui sono tratte ai sensi dell’articolo 23, comma 1, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.
La circolare, nel punto 4.6.1, prende in esame l’ipotesi in cui la notifica PEC non vada a buon fine per cause imputabili al destinatario; naturalmente tale situazione richiede massima attenzione da parte del notificante in quanto lo stesso dovrà immediatamente attivarsi al fine di dare seguito alle procedure di notifica analogiche previste dall’articolo 16 del D. Lgs. n. 546/92 (consegna a mani proprie, servizio postale, ufficiale giudiziario).
Se tale passaggio è assolutamente scontato, così come la raccomandazione ad effettuare, la notifica ex articolo 16 del decreto legislativo n. 546/92 entro un termine ragionevole, secondo il consolidato orientamento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione che, con sentenza n. 14594/2016, hanno infatti precisato che tale termine corrisponde a un “tempo pari alla metà dei termini indicati dall’art. 325 c.p.c. per ciascun mezzo di impugnazione, salvo circostanze eccezionali di cui sia data rigorosa prova” (in sostanza, il termine ragionevole viene individuato nella metà del termine breve di impugnazione), lo stesso non può dirsi per la procedura suggerita per effettuare la notifica in cartaceo la quale, pur non essendo prevista da norma alcuna, “…comporta la redazione del ricorso in originale cartaceo e di una dichiarazione nella quale si attesta che la notifica avviene con la modalità analogica prescelta in quanto la precedente notifica a mezzo PEC non è andata a buon fine per cause imputabili al destinatario. Alternativamente, il notificante che risulti ex lege pubblico ufficiale (tipicamente l’ente impositore), potrà stampare una copia analogica del ricorso nativo digitale sottoscritto e firmato digitalmente, della ricevuta di accettazione e di quella di mancata consegna della PEC. Inoltre, lo stesso soggetto dovrà redigere una dichiarazione attestante, ai sensi dell’art. 23, comma 1, del CAD, che le copie analogiche dell’atto giudiziario, della ricevuta di accettazione e di mancata consegna PEC, sono conformi agli originali digitali detenuti e che la notifica avviene con la modalità analogica prescelta in quanto la precedente notifica via PEC non è andata a buon fine per cause imputabili al destinatario. Si ricorda, infatti, che l’utilizzo della disciplina delle copie contenuta nel CAD risulta applicabile nel processo tributario in virtù delle disposizioni contenute nel Decreto legislativo n. 546/92 e del Regolamento n. 163/2013 oltre che nell’art. 2, comma 6, secondo periodo, del CAD, in base alla quale “Le disposizioni del presente Codice si applicano al processo civile, penale, amministrativo, contabile e tributario, in quanto compatibili e salvo che non sia diversamente disposto dalle disposizioni in materia di processo telematico.”.
6. Le modalità di sottoscrizione digitale
Importante novità è quella indicata nel punto 6.3 della circolare la quale, relativamente all’utilizzo delle firme digitali nei vari processi telematici, nel fare riferimento alla decisione 10266/2018 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione che, in applicazione dei principi comunitari, ha equiparato la valenza giuridica della firme PADES e CADES, ritenute entrambe valide ed efficaci, informa che, dal 6 luglio 2019, il sistema informativo della giustizia tributaria (SIGIT) consente anche il deposito di file sottoscritti con firma PADES (PDF Advanced Electronic Signature), che non aggiunge alcuna estensione al nome del file ma consente di firmare digitalmente esclusivamente file in formato “.pdf”; si ricorda che alcuni prodotti di firma PADES possono modificare il nome del file aggiungendo il suffisso “signed.pdf”. In tal caso, il documento con la firma PADES può essere visualizzato nel formato originale utilizzando il software libero di “Adobe Acrobat Reader”.
Che dire se non… era ora! Viene così meno una delle anomalie che da tempo ho avuto modo di segnalare in precedenti elaborati posto che la stessa non aveva motivo di esistere, non solo per gli effetti della sentenza indicata nella circolare ma, anche e soprattutto per la vigenza, dal 2016, del Regolamento Europeo 910/2014, eIDAS (electronic IDentification Authentication and Signature), il quale, all’articolo 46 prevede e dispone che “a un documento elettronico non sono negati gli effetti giuridici e la ammissibilità come prova in procedimenti giudiziali per il solo motivo della sua forma elettronica”.
Anche in questo caso, al fine di evitare qualsiasi problema (leggasi eccezione), sarebbe stata opportuna la modifica della normativa del tributario telematico, specificando che, quanto alle modalità di sottoscrizione digitale, poteva farsi uso sia di quella CADES che PADES in quanto, il processo deve avere regole, disposizioni, il più possibile chiare ma, soprattutto, contenute in norme, perché solo queste ultime hanno titolo per poter dire al destinatario delle medesime, come, cosa deve o cosa non deve fare.
7. Richiesta di visualizzazione temporanea del fascicolo telematico
Il punto 7.2. della circolare è dedicato a fornire opportuni chiarimenti in merito alla visualizzazione del fascicolo processuale telematico da parte del difensore non ancora costituito; quest’ultimo, ma anche la parte, tramite il PTT, può presentare on-line una richiesta di visualizzazione temporanea del fascicolo processuale telematico contenente gli atti depositati dalla controparte.
Nel caso in cui la suddetta richiesta provenga dal difensore ovvero da un dipendente di un ente impositore/della riscossione non codificato dal sistema, gli stessi dovranno allegare all’istanza di visione temporanea copia della procura conferitagli dal cliente ovvero delega dell’ente impositore/della riscossione.
Laddove la richiesta provenga dall’Avvocatura dello Stato, l’istanza non dovrà essere corredata da alcuna procura stante la qualità di difensore ex lege che non necessita di mandato.
In caso di accoglimento della richiesta da parte dell’Ufficio di segreteria della Commissione tributaria competente, il richiedente ha a disposizione 10 giorni per la consultazione del fascicolo processuale.
In caso di rifiuto all’accesso, l’Ufficio di segreteria comunica, a mezzo PEC, la motivazione posta a fondamento del mancato accoglimento della richiesta.
La consultazione da parte del soggetto autorizzato avviene mediante la funzione “Telecontenzioso”, accessibile dalla “Area personale” sul PTT, selezionando la Commissione tributaria competente e inserendo nella schermata di ricerca il numero di RGR/RGA della controversia.