Secondo la sentenza n. 7170/2019 del Consiglio di Stato, in presenza di oscillamenti giurisprudenziali non può che accordarsi il beneficio della rimessione in termini ex articolo 37 del c.p.a., registrandosi, in definitiva, oggettive ragioni di incertezza sulla questione di diritto relativa alla validità o meno della notifica effettuata ai sensi della L. 53/94 a indirizzo PEC non presente in pubblici elenchi.
Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 7170 del 22 ottobre 2019, fa definitivamente il punto sulla validità o meno di una notifica PEC effettuata dal professionista ai sensi della legge n. 53/1994 a indirizzo PEC non presente nei pubblici elenchi.
A seguito di emissione di decreto di revoca delle misure di accoglienza temporanea emesso dalla Prefettura ai sensi dell’art. 23 comma 1, lettera a) del D.Lgs. 142/2015, veniva proposto ricorso dichiarato però inammissibile dal giudice di prime cure il quale, non solo riteneva nulla la notificazione diretta all’Avvocatura distrettuale dello Stato presso l’indirizzo pec genova@mailcert.avvocaturastato.it, in luogo di quello dedicato alla ricezione degli atti giudiziari, cioè ads.ge@mailcert.avvocaturastato ma, nel contempo, escludeva il beneficio della remissione in termini per la rinnovazione della notificazione essendo la predetta nullità, a suo dire, imputabile a negligenza del ricorrente.
Contro tale decisione l’appellante proponeva i seguenti motivi di gravame ritenendo errata la decisione di prime cure sostenendo che:
– l’indirizzo PEC al quale era stata effettuata la notifica, pur essendo diverso dal domicilio digitale qualificato ai fini processuali, era comunque contenuto nell’indice P.A., doveva comunque ritenersi un pubblico elenco in via generale e, come tale, utilizzabile ancora per le notificazioni alle P.A;
– la questione inerente il primo motivo di gravame, era oggetto di discussione e con diversi orientamenti giurisprudenziali, motivo per il quale andava comunque concesso un termine per rinnovare la notifica.
Il Consiglio di Stato, con una decisione condivisibile, accoglie l’appello, ritendo che nel caso di specie andava sicuramente concesso il beneficio della rimessione in termini ex art. 37 del c.p.a., il quale dispone che “Il giudice può disporre, anche d’ufficio, la rimessione in termini per errore scusabile in presenza di oggettive ragioni di incertezza su questioni di diritto o di gravi impedimenti di fatto”.
Il Collegio perviene a tale decisione dopo aver passato in rassegna tutta la normativa, di fonte primaria e secondaria, che disciplina le notifiche a mezzo PEC in ambito PAT e, all’esito di tale attenta disamina, non può che confermare come nella materia amministrativa (nonchè in quella civile e stragiudiziale) tra i pubblici elenchi validi ed utilizzabili per estrapolare l’indirizzo PEC del destinatario, non è più presente, dal 2014, l’Indice delle Pubbliche Amministrazioni, meglio noto con l’acronimo I.P.A.
Non vi è quindi dubbio alcuno sul fatto che fosse in effetti nulla, la notifica PEC inviata all’Avvocatura dello Stato per proporre ricorso contro l’emissione del decreto di revoca delle misure di accoglienza temporanea emesso dalla Prefettura ai sensi dell’art. 23 co 1, lettera a) del D.Lgs. 142/2015; fatta questa doverosa e corretta premessa, il Collegio non può però esimersi dal rilevare che, sulla questione oggetto di gravame, la giurisprudenza amministrativa in realtà non è stata unanime se è vero come è vero che, alcune decisioni (ad avviso di chi scrive assolutamente non condivisibili) hanno riconosciuto la validità della notifica a mezzo posta elettronica certificata del ricorso effettuata all’amministrazione all’indirizzo tratto dall’elenco presso l’Indice PA anche in considerazione del fatto che l’amministrazione pubblica destinataria della notificazione telematica, fosse rimasta inadempiente all’obbligo di comunicare altro e diverso indirizzo PEC da inserire nell’elenco pubblico tenuto dal Ministero della Giustizia (Consiglio di Stato sez. III, 27/02/2019, n.1379; Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 12 dicembre 2018 n. 7026).
Proprio in considerazione di tali oscillamenti giurisprudenziali, il Consiglio di Stato ritiene che non possa non accordarsi, nel caso di specie, il beneficio della rimessione in termini ex articolo 37 del c.p.a., sussistendo oggettive ragioni di incertezza sulla questione di diritto inerente l’IPA e, su tale assunto, viene rilevata l’erroneità della sentenza di primo grado che, senza concedere tale facoltà, ha dichiarato l’irricevibilità del ricorso.
Aggiunge sul punto il Collegio che, il giudice di prime cure avrebbe dovuto riconoscere l’errore scusabile e consentire alla parte ricorrente di poter rinnovare la notifica del ricorso all’Amministrazione intimata, evocandola in giudizio questa volta mediante una rituale partecipazione del ricorso all’indirizzo corretto.
Per tale motivo il Consiglio di Stato decide di annullare la sentenza di primo grado con rinvio al primo giudice, al fine di assicurare, mediante rinnovo della notifica, l’integrazione del contraddittorio, posto che l’Amministrazione nel giudizio di primo grado era rimasta contumace.