Da “www.forbes.it” fonte sito web
A cura di Simona Politini.
Dalla sostituzione della modulistica cartacea con quella digitale all’utilizzo delle nuove tecnologie per fornire, per esempio, un servizio di customer care più efficace, le aziende necessitano oggi di un nocchiero che, capace di domare la tempesta di novità creata dalla rivoluzione digitale, sia in grado di spiegare le vele e le conduca alla meta. Stiamo parlando del Chief digital officer, l’esperto di digital trasformation che ha il compito di aiutare le aziende a rimanere competitive a fronte di una crescente digitalizzazione.
Un po’ tecnici, un po’ manager, un po’ comunicatori, i Cdo, come ogni buon leader, devono possedere una visione, in questo caso: la visione del cambiamento. Non si tratta solo di implementare i servizi digitali, infatti, ma di rimuovere le barriere spingendo le aziende a pensare alle nuove tecnologie come un partner per raggiungere gli obiettivi di business, piuttosto che come un qualcosa da guardare con diffidenza e tenere a distanza.
Chief digital officer: un lavoro del futuro che deve già ripensarsi?
Secondo una ricerca da poco condotta dalla PwC’s Strategy&, The 2019 Chief Digital Officer Study Global, il 21% di 2.500 tra le più grandi public company nel mondo analizzate ha già designato un Chief digital officer (o equivalente). Anche in Italia il ruolo ha trovato maggiore riscontro pratico nel tessuto lavorativo.
Tuttavia dal 2016 il trend di crescita sembra rallentato, i ricercatori ipotizzano per la necessità di ripensare questo ruolo alla luce delle rapidissime evoluzioni con cui la digitalizzazione investe ogni funzione. I leader di molte aziende ora credono che affidare a una singola persona la trasformazione digitale potrebbe non essere l’approccio migliore, perché è una priorità strategica intrinseca in tutta l’azienda, poiché l’agilità diventa fondamentale per la sopravvivenza.
Allo stesso tempo, le aziende nelle quali è già presente un Cdo hanno cambiato le loro aspettative su questo ruolo: in precedenza, i ruoli di Cdo tendevano a essere ricoperti da persone con funzioni rivolte al mercato, tra cui marketing, servizio clienti, vendite o distribuzione. Ora, tuttavia, le organizzazioni sono sempre più alla ricerca di Cdo con background strategici e tecnologici: coloro che sono in grado di lavorare a livello manageriale su diverse funzioni e di comprendere le rivoluzioni rese possibili dalla tecnologia. Lo conferma lo studio che evidenzia come il numero di Cdo con background tecnologico sia significativamente aumentato nel 2018.
In ogni caso, fino a quando la trasformazione digitale diventerà di responsabilità di ogni membro del team esecutivo (ci vorrà ancora un bel po’ di tempo), laddove le organizzazioni hanno già un Cdo o intendono avvalersene, la priorità, suggerisce lo studio, dovrebbe essere quella di garantire che la persona in questo ruolo abbia ancora la prospettiva e le capacità appropriate per far avanzare l’agenda della trasformazione digitale, applicandola scrupolosamente nelle operazioni, e su vasta scala, all’interno dell’organizzazione.
Chief digital officer: un master per diventare un leader della trasformazione digitale
Ma come diventare Cdo? Cosa bisogna studiare? Che competenze bisogna avere? Non è semplice rispondere a queste domande perché il Cdo è una figura dal bagaglio di conoscenze molto articolato.
Per riuscire quantomeno ad orientarci sull’argomento possiamo prendere ad esempio il master organizzato da Talent Garden, la più grande piattaforma in Europa di networking e formazione per l’innovazione digitale, fondata nel 2011 da Davide Dattoli, uno dei 300 giovani Under 30 di Forbes.
Il Digital Transformation Master part Time di Talent Garden è composto da sei moduli completamente diversi ma in dialogo tra loro: si parte dal Digital Strategy & Tools, il modulo per imparare a mappare il processo di trasformazione digitale in azienda, sino al modulo per imparare a individuare le caratteristiche e le potenzialità dei nuovi paradigmi di impresa automatizzata e interconnessa, passando per il change management, la customer centricity, il valore dei data e lo sviluppo software. Si nota dunque una forte preminenza di nozioni di tipo tecnico, ma più che altro in termini di approccio, perché si sa: gli strumenti si aggiornano rapidissimamente, quello che conta è saper individuare una strategia in ottica digitale e fare quanta più esperienza sul campo possibile.
Per saperne ancora di più sull’argomento, rivolgiamo alcune domande ad Alberto Giusti, esperto di digital transformation con oltre vent’anni di esperienza in strategia d’impresa e Ceo per diverse aziende internet, nonché uno dei fondatori del movimento Digital Building Blocks per la trasformazione digitale dei manager italiani.
Chi è il Chief digital officer e cosa fa?
“Il Chief digital officer è un manager con esperienza nell’industry di riferimento che ha la responsabilità di gestire il processo di digital transformation dell’azienda. Naturalmente rimette all’amministratore delegato, ma, a partire da un forte presidio dell’ambito Sales&Marketing, sa definire le giuste strategie da mettere in atto per condurre l’azienda all’utilizzo degli strumenti digitali allo stato dell’arte e, in seguito, per condurla in un cammino indirizzato all’innovazione.”
Collegandoci alla precedente domanda, qual è dunque il ruolo dell’imprenditore nel processo di trasformazione digitale?
“L’imprenditore è il primo artefice del cambiamento. Deve dare la direzione e stabilire la giusta cultura aziendale. Ormai naturalmente l’imprenditore non può prescindere dall’utilizzo degli strumenti digitali e naturalmente dovrebbe delegare completamente solo le attività che conosce a menadito, partecipando invece attivamente nei processi dove la sua conoscenza non sia totale (in genere la digital transformation è uno di questi). Senza il giusto commitment dell’imprenditore i dipendenti tenderanno a non uscire dalla comfort zone e a continuare a fare nei soliti modi rischiando il fallimento dell’azienda in pochi anni. Oggi si parla di evolvere o estinguersi. “
Come si fa a diventare Chief digital officer? Ovvero, che competenze manageriali bisogna acquisire e quali soft skill possedere?
“Il Cdo è una figura relativamente recente (soprattutto in Italia) per cui non esistono processi definiti. Di sicuro grandissima importanza è data ad un percorso di esperienza aziendale. Non è fondamentale che la sua formazione accademica derivi da lauree necessariamente scientifiche: ci sono (anche in italia) Chief Digital Officer di successo laureati in filosofia. È fondamentale però che conosca a fondo i modelli di business del settore di riferimento e le logiche odierne di organizzazione aziendale. Sono necessarie naturalmente anche capacità di comunicazione e coinvolgimento dei team in azienda. La trasformazione digitale è in primis una trasformazione culturale.
Trattandosi di una figura relativamente recente, non esiste una definizione precisa delle competenze necessarie per diventare Chief digital officer, ma sicuramente quelle che seguono sono caratteristiche che non possono mancare:
- Esperienza nel settore dell’industry di riferimento
- Capacità di management
- Leadership
- Attenzione alla customer experience e all’usabilità
- Relazione e gestione delle risorse umane
- Competenze consolidate nell’area sales
- Multi-channel strategist
- Nozioni di digital marketing
- Capacità di definizione delle KPI
- Approccio multidisciplinare
- Curiosità verso nuovi strumenti
- Autorevolezza e capacità di coinvolgimento
- Capacità di cogliere le sfide: dove gli altri vedono un grande ostacolo, un buon CDO vede una grande opportunità!”
Dal punto di vista strettamente tecnico, quali sono le specializzazioni che un Cdo deve avere (e-commerce, seo, adv …)?
“Il Cdo ha una cultura multidisciplinare ed è curioso per natura. La sua curiosità l’ha portato sicuramente ad approfondire ognuna delle “nuove arti” del Digital (Digital analytics, Search Engine Optimization, Search Engine Marketing, e-commerce, Programmatic advertising, Inbound marketing etc.), ma non è un “mangiabit” e non deve saper gestire tutte le nuove feature di un account di Google analytics. Deve avere la giusta visione di insieme e sapere “dirigere l’orchestra” per far uscire la giusta melodia e realizzare le strategie concordate con l’amministratore delegato, tenendo salda la barra del timone e continuando a monitorare settimalmente i KPI (o gli OKR). Deve avere le competenze per capire quale impatto abbiano le diverse attività digital sia dal punto di vista dei ritorni e del potenziale, sia dal punto di vista dell’effort e dei costi.”
Chi supporta il Cdo nelle sue attività? Ovvero, il Cdo ha bisogno di una squadra e se sì quali sono le figure più adatte a coadiuvarlo nell’attività?
“Il Cdo deve avere il suo Digital Tailor che lo supporta nell’operatività quotidiana. Se il Cdo è il maestro di bottega, l’artigiano a cavallo tra il mondo tradizionale e quello digital, il Digital Tailor invece è il garzone che ha una manciata di anni di esperienza di digital, magari maturati nella gestione di piccoli clienti in autonomia in parallelo ad un percorso di carriera aziendale che gli ha dato la sensibilità su metodi e modelli organizzativi (attuali) di successo. Una volta a regime in azienda, si strutturerà poi un team digital che segue queste due figure apicali per poi arrivare a “scomparire” quando l’elemento digital riuscirà ad integrarsi in ognuna delle funzioni aziendali e la digital transformation potrà dirsi conclusa per dare origine al nuovo corso abilitando ad una crescita esponenziale. Sebbene, essendo la trasformazione digitale ora accettata come un continuo lavoro in corso, l’ultima tendenza è quella di internalizzare il ruolo dandogli un posto nel management (secondo lo studio PwC’s Strategy& il 54% dei Cdo hanno assunto un ruolo dirigenziale dal 2014 al 2018: la trasformazione digitale diventa parte integrante della strategia aziendale, ndr)”
È più efficace dunque internalizzare la figura del Cdo o è sufficiente affidarsi ad un consulente esterno? In quali casi è più adatta l’una o l’altra scelta?
“Sulla base di quanto appena detto, sarebbe sempre meglio avere un Cdo internamente a regime, ma potrebbe avere senso anche iniziare con un temporary manager e poi evolvere verso una figura più stabile quando la cultura aziendale sarà assimilata ed i nuovi processi in atto. È più facile che il primo Cdo in azienda sia un manager di esperienza che goda della piena fiducia dell’amministratore delegato e abbia le giuste leve decisionali. In seguito potrà passare lo “scettro” ad un soggetto in azienda che diventerà anche il primo candidato poi ad assumere il ruolo di direttore generale o magari proprio quello di amministratore delegato.”
Esistono dei modelli di business per condurre l’azienda attraverso la trasformazione digitale?
“Esistono molti nuovi modelli di business che abilitano ad una crescita esponenziale, ma per riuscire ad adottarli completamente bisogna compiere un percorso all’interno di tutte le funzioni aziendali. Ed è principalmente un percorso di cambiamento culturale, non si può pretendere di ‘saltare i passaggi’ e diventare da subito un’organizzazione esponenziale. Si rischia di avere creato una azienda a due velocità con da un lato manager preparati digitalmente alla ricerca di nuove opportunità (gli head hunter sono sempre alla ricerca di queste figure nel mercato su mandato dei competitor che debbano ancora effettuare il cambiamento) e dall’altro manager ancora attaccati a vecchi processi non più concorrenziali.”